Perché il 3° polo logistico di Calcio è una pessima scelta per tutti

Sono due gli argomenti importanti secondo noi.

Il primo aspetto riguarda la catena “traffico, inquinamento dell’aria, salute”. Ciascuno dei tre anelli di questa catena introduce pesanti perplessità. Cominciamo col traffico. Il traffico giornaliero atteso, in base ai dati dello stesso proponente, per il nuovo PII di Calcio è stimabile in 350 mezzi pesanti (23 mezzi/h x 16 h/giorno) e 1500 veicoli leggeri. Facciamo due conti sull’emissione di CO2: limitandoci ai soli 2 km (1 in arrivo + 1 in partenza) del traffico indotto. Per dare un’idea, un camion diesel sopra le 3,5 tonnellate emette tranquillamente 6-700 grammi di CO2 per chilometro percorso. Un grande Tir, carico al 55%, supera il chilo di CO2 per chilometro. Mettiamo una media per i mezzi pesanti di 800g/Km. Per i veicoli leggeri la CO2 emessa è circa 100g/Km. Significa che, lungo i soli 2 Km qui considerati, in un anno verrà emessa CO2 per 200 tonnellate dai mezzi pesanti, 108 dai veicoli leggeri.

Ora, un’essenza arborea di medie dimensioni assorbe in media 20 kg CO2 all’anno. La conclusione è che per pareggiare i cambiamenti climatici di tali emissioni servono 15’400 alberi di medie dimensioni. In un bosco la densità arborea media è 600 alberi per ettaro. Servirebbe quindi area boschiva per 25 ettari. Che naturalmente non c’è. I 100 alberelli distribuiti sui 2000 mq di verde rappresentati sui disegni tecnici, non compensano nemmeno il 1′ giorno di esercizio. Il segretario dell’ONU, tutti gli scienziati del mondo possono piangere e implorare che si inverta la rotta, ma nelle nostre zone la sciagura climatica procede a tutta forza.

Il traffico emette però anche ben altri inquinanti: PM10 e PM2.5, NOx, ozono, benzene. È qui che scatta il problema della qualità dell’aria. Le nostre zone sono notoriamente caratterizzate da lunghi periodi invernali di stasi nel ricambio dell’aria. Questo provoca il superamento delle soglie di legge per lunghi periodi. Per dare un’idea sulla gravità si consideri che il limite medio annuo di PM10 ammesso dalla legge è 40 mg. Se andiamo a verificare i dati Arpa per le nostre zone, notiamo che quel valore oscilla tra i 38 e i 39 mg. Ora, con l’arrivo dei poli Italtrans a Calcio e Covo, Amazon a Cividate, MD a Cortenuova, è possibile stimare che il valore medio annuo cresca di un altro paio di mg. Ci pare del tutto evidente che il terzo Polo logistico di Calcio va ad installarsi su una situazione già critica sotto il profilo legale. Un semplice motivo per cui si parla poco di questa criticità è che nessuna amministrazione locale, tanto meno la Provincia di Bergamo, ha mai voluto esperire uno studio di impatto ambientale. Nessun dirigente, nessun cittadino quindi conosce gli impatti cumulativi di tutti gli impianti finora autorizzati nella Bassa Bergamasca. Ci stiamo comportando come lo struzzo: se un problema non si vede, problema non esiste. Questo inaccettabile gioco è peraltro la motivazione per cui Legambiente e i cittadini di Calcio hanno ritenuto di ricorrere al TAR contro la Provincia di Bergamo.

Livelli alti di inquinamento atmosferico determinano infine la criticità sanitaria. Non lo dice il nostro circolo. E’ la stessa ATS di Bergamo ad avere comunicato nel 2020 la propria preoccupazione all’amministrazione di Calcio per gli effetti sulla salute umana derivanti dagli elevati livelli di PM10 e PM2.5 nella zona, ricordando che questi due inquinanti sono stati riconosciuti come agenti cancerogeni certi dall’OMS.

La seconda preoccupazione di Legambiente riguarda un aspetto di sostenibilità sociale. A fianco della devastazione su flora e fauna, questi insediamenti logistici provocano una onda lunga di desertificazione sociale. La tipologia di lavoro proposta dall’industria logistica ricerca una tipologia di lavoro, manuale e dequalificata, lontana dalle caratteristiche professionali e culturali della popolazione sia adulta che giovane. Il tessuto lavorativo in un’area avanzata d’Europa, come la Lombardia, è costituito principalmente da professionalità e specializzazione in molti campi, da capacità organizzativa e imprenditoriale autonoma. Una visione lungimirante del territorio dovrebbe pertanto creare opportunità di insediamento per questo tipo di professionalità. E invece con l’attuale PII Calcio elimina ogni opportunità locale a favore di tecnici e artigiani, dotati di spirito imprenditoriale, che volessero dare vita ad una nuova attività. La mancanza di visione è tanto più grave se aggiungiamo in questo quadro la situazione dei giovani laureati. La percentuale media del 8% si traduce in circa 400 laureati in un comune come Calcio, che dovranno cercare altrove sia il lavoro, e probabilmente anche la futura residenza per crescere la propria famiglia. Oggettivamente il “Quadrilatero” di Covo, Cortenuova, Cividate e Calcio sta predisponendo un’offerta di lavoro omogenea di basso profilo, un ambiente non particolarmente sano e paesaggisticamente degradato, che difficilmente motiva una vita da pendolare tra luogo di lavoro e residenza nel paesello di origine. Che la fascia giovanile imprenditoriale e colta di un comune debba emigrare per lasciare il posto ai migranti economici, non ci pare una prospettiva invidiabile.

È quindi paradossale constatare che il piano di insediamento produttivo disegnato per quell’area di Calcio 20 anni fa dall’architetto Lazzarini, distribuito su diverse unità di piccola dimensione, aperto ad un insediamento produttivo autonomo, diversificabile tra attività economiche eterogenee, risulti ancora oggi molto più moderno e vitale, sotto un profilo economico e sociale, rispetto a quest’ultimo stucchevole e ripetitivo Polo logistico.

In conclusione, riteniamo il nuovo PII un errore assoluto per la cittadinanza di Calcio e per la Bassa Bergamasca.

Paolo Falbo

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