ECOFEMMINISMO: intervista a LEYLA CIAGA’ Consigliera del Parco dei Colli di Bergamo

La seconda intervista della nostra ricerca su relazioni tra donne, leadership e autorità è a Leyla Ciagà.

Ciagà fa parte del Consiglio di Gestione presso il Parco dei Colli di Bergamo è ricercatrice di ruolo e docente di storia dell’architettura e del design presso il Politecnico di Milano. E’ stata inoltre la prima assessora all’ambiente e al verde pubblico del Comune di Bergamo. 

– Quali architette, urbaniste, donne di scienza l’hanno maggiormente ispirata nel suo percorso professionale?

Zaha Hadid, prima donna architetto a ricevere il Premio Pritzker nel 2004. Madame Curie, unica donna tra i quattro vincitori di due Premi Nobel, e la sola ad aver vinto il Premio in due distinti campi scientifici. Le donne che mi hanno maggiormente ispirata nel mio percorso professionale, anche se non si tratta di architette e donne di scienza, sono state Nilde Iotti, Maria Montessori e Marisa Belisario;    mi piace aggiungere anche un personaggio di fantasia che mi ha dato la carica fin da bambina, Pippi Calzelunghe, una bambina libera e indipendente.

– Quale è secondo lei attualmente, lo stato di salute delle donne all’interno delle istituzioni? Sono protagoniste o gregarie? Può parlarci della sua esperienza personale?

La presenza delle donne nelle istituzioni è ancora marginale in senso quantitativo, anche se in crescita. Questa crescita è avvenuta anche grazie alle cosiddette “quote rosa” che hanno garantito l’accesso alle donne nelle istituzioni iniziando a colmare un gap che era inammissibile, stante anche il fatto che le donne sono la maggioranza della popolazione. Le “quote rose” sono una forzatura necessaria se non vogliamo ancora aspettare secoli prima di arrivare alla parità uomo/donna nelle istituzioni; hanno dimostrato anche il valore della presenza femminile. Purtroppo non sempre sono applicate come ha dimostrato la vicenda del Consiglio Regionale della Puglia. Ricordo che anche il Consiglio Provinciale di Bergamo vede una sola donna consigliera, in questo caso non si applicano le “quote rose” perché si tratta di un’elezione di secondo livello e guarda caso si è creata questa situazione. Quando le donne entrano nelle istituzioni credo che riescano a svolgere un ruolo da protagoniste, almeno questa è la mia esperienza diretta e indiretta. E questo è positivo e dimostra il nostro valore. Nel mio caso personale, in particolare, non mi sono mai sentita “gregaria” di nessuno e da questo punto di vista credo di avere svolto il mio ruolo di assessora (così come quello di ricercatore universitario che svolgo ancora) allo stesso modo dei miei colleghi uomini. Piuttosto ho percepito da parte di alcuni uomini un atteggiamento di minore considerazione nei miei confronti in quanto donna (non però nell’ambiente universitario). Quindi credo che il problema sia degli uomini, soprattutto over60 che appartengono ad una generazione cresciuta considerando, in generale, il ruolo delle donne marginale nella vita pubblica e più in generale professionale. Il problema forse sta nel fatto che le donne nelle istituzioni sono state storicamente relegate, quando presenti, ad occuparsi di determinati temi quali la scuola e i servizi sociali in una logica che le considera solo nei termini di donna-madre. Credo si debba assolutamente superare questo stereotipo perché le donne possono/devono occuparsi, perché ne hanno capacità e competenza (come gli uomini) di qualsiasi tema amministrativo. Io sono stata la prima assessora donna all’ambiente e al verde pubblico del Comune di Bergamo e credo che la parità sarà raggiunta non solo quando avremo una donna Sindaco ma anche assessore al bilancio, ai lavori pubblici, all’urbanistica.

– Superata l’idea “Natura ad uso e consumo” quale deve essere il nuovo paradigma nella discussione sulle tematiche ambientali e come si configura la governance delle donne nel cambio di approccio alle politiche ambientali? 

In ambito ambientale ho vissuto due esperienze importanti: una lunga militanza nell’associazione Italia Nostra e la carica di assessore all’ambiente, alle politiche energetiche e al verde pubblico; attualmente svolgo il ruolo di consigliera del Parco dei Colli. Il cambio di paradigma sulle tematiche ambientali è necessario se vogliamo dare un futuro al nostro Pianeta e alle giovani generazioni, le quali, comunque, devono anche rivendicarlo! E stanno tentando di farlo con una leadership femminile. Il cambio di paradigma verso l’economia circolare, le fonti di energia rinnovabili, la mobilità elettrica, la forestazione urbana e il potenziamento della biodiversità credo debba avvenire a prescindere dal genere, maschile o femminile, della governance. Le nuove generazioni, al netto di alcuni pericolosi segnali di regressione (che vanno monitorati con rande attenzione), vedono una maggiore partecipazione delle donne nelle istituzioni e contestualmente le giovani generazioni sono più sensibili ai temi ambientali. Non sono sicura che ci sia una relazione diretta tra questi fattori, ovvero che una governance femminile sia più sensibile ai temi ambientali anche se è indubbio che la presidente della UE Ursula von der Leyen ha segnato un importante cambio di paradigma in sede europea con il progetto Next Generation Europe. E’ altrettanto indubbio che l’attuale modello di sviluppo basato sullo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturale è stato portato avanti dagli uomini, ma non abbiamo la prova contraria: siamo sicure che se le donne fossero state al potere nei secoli della rivoluzione industriale si sarebbero comportate in maniera diversa? Le donne devono comunque prendere in mano la governance e la leadership nel campo delle istituzioni, della politica, dell’economia e della cultura e lo devono fare a prescindere dalla questione ambientale, lo devono fare perché è un loro sacrosanto diritto che per millenni è stato calpestato. La strada è ancora molto lunga se ragioniamo a livello mondiale e non solo del mondo occidentale. La questione ambientale è altrettanto importante perché senza un cambio di paradigma non ci sarà futuro per nessuno, né uomini né donne. Se le donne volessero prendere in mano questo tema facendone la loro bandiera e dimostrando determinazione e competenza sarebbe bellissimo. Per quanto mi riguarda ho incontrato nella mia esperienza professionale di assessore, di consigliera del Parco e nella mia militanza ambientalista sia donne sia uomini sensibili ai temi ambientali. E’altrettanto vero che, ad esempio, per quanto riguarda la raccolta differenziata le donne sono molto più attente e precise, forse perché sono loro che se ne occupano all’interno delle famiglie.

Quanto si impegna nel lavoro di coinvolgimento e relazione di altre donne nei processi di progettazione.

Nella mia esperienza di assessora ho sempre cercato di coinvolgere altre donne nei miei progetti, proprio perché credo molto nel nostro valore. E lo sto facendo anche ora come consigliera nel Parco dei Colli.

Quali sono le due donne che le hanno saputo trasmettere insegnamenti preziosi nella sua vita lavorativa? Cosa le hanno insegnato?

La donna che più di tutte mi ha trasmesso insegnamenti preziosi è stata mia mamma perché mi ha insegnato ad essere una donna libera e indipendente.

Secondo la sua esperienza cosa manca (se manca) nella progettazione dello spazio pubblico per includere efficacemente le esigenze della popolazione femminile? Un cambio di paradigma? Uno studio più approfondito delle esigenze reali delle singole aree? Parta dalla sua esperienza: quella volta in cui si é accorta che mancava un pezzo … e lo ha aggiunto!

Credo che la pianificazione delle città debba porre al centro il progetto dello spazio pubblico (a partire dalle piazze e dalle aree pedonali) e del verde urbano (parchi, giardini, orti, agricoltura di prossimità, forestazione urabana) il tutto all’interno di un contesto di azzeramento del consumo di suolo e di riqualificazione urbana. In generale non credo che nella progettazione dello spazio pubblico ci siano delle specificità di genere, piuttosto delle specificità generazionali: i bambini hanno bisogno di aree verdi attrezzate per il gioco (e magari, a dispetto dei genitori, di aree verdi naturali poco formalizzate), gli adolescenti di spazio per lo sport e l’incontro, gli anziani di marciapiedi sicuri e panchine nelle piazze, ecc… A meno che vogliamo considerare il ruolo della donna ancorato solo a quello della madre di famiglia che si occupa dei figli: credo infatti che la cura dei figli sia una responsabilità di entrambi i genitori e quindi in tal senso si debba parlare di necessità delle famiglie, in relazione allo spazio pubblico, e non solo delle donne in quanto madri. Detto questo è altrettanto assodato che per la popolazione femminile è preferibile una città ben illuminata la sera, ma anche questa richiesta a ben vedere deriva da comportamenti degli uomini che, di conseguenza, portano le donne a chiedere maggiore sicurezza. Per quanto riguarda la mia esperienza personale posso dire che nella progettazione dei parchi/giardini ho sempre cercato di tenere presente le esigenze dei bambini e delle bambine e per questo ho dato spazio ad esempio alla pallavolo piuttosto che, come sempre avviene, al calcio che è privilegiato negli oratori con bellissimi campi sportivi realizzati anche con contributo comunale. Detto questo anche le bambine/ragazze hanno diritto di giocare al calcio ma visto che ad oggi sono in minoranza ho ritenuto utile dare anche altre possibilità di gioco/sport.



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